GLI OSPEDALI NEL XV SECOLO: L’ESEMPIO DELLA CITTÀ DI VICENZA
Testo di Claudio Barbaglio, tutti i diritti riservati
Il Quattrocento è noto come il secolo delle riforme ospedaliere, intraprese da molte città dell’Italia centro-settentrionale e in seguito imitate da altri centri in Europa, principalmente per rispondere alle emergenze sociali e sanitarie di un epoca segnata da violenti conflitti, carestie e pestilenze. Questi nuovi orientamenti non coinvolsero solo le istituzioni ospedaliere, perché favorirono una generale riformulazione dei servizi assistenziali, diversamente declinata da luogo a luogo, anche attraverso l’introduzione di nuovi enti caritativi, come i Monti di Pietà.
Nelle
città della terraferma veneta le riforme
non produssero fenomeni di concentrazione ospedaliera, tipici dell’area
lombarda, ma incoraggiarono l’organizzazione di sistemi assistenziali basati
sull’introduzione di nuovi ospedali specializzati e la divisione dei compiti
fra più luoghi pii, secondo a parte i lazzaretti (Venezia fu la prima città
europea
a
dotarsi di un lazzaretto permanente (1423) e probabilmente stimolò l’apertura
di istituzioni simili anche nelle città soggette). Nelle città venete il valore
civico attribuito ai maggiori ospedali cittadini trova riscontri puntuali, a
volte simbolici, come l’apposizione dello stemma comunale sugli edifici
ospedalieri, altre volte più concreti, come l’ingresso di molte cospicue casate
locali nel governo di queste istituzioni, una novità rispetto al Trecento.
Quest’ultimo aspetto, però, non va inteso solo come manifestazione di interesse
per le problematiche sociali delle proprie comunità, perché ebbe anche un altro
rilievo, riconducibile alla conquista veneziana della terraferma e al
contestuale ridimensionamento politico dei patriziati delle città soggette. Le
aristocrazie locali, infatti, per salvaguardare il proprio ruolo di ceto
dirigente sperimentarono nuove forme di esercizio del potere, autonome e
lontane rispetto alle aree di intervento delle magistrature veneziane, come,
appunto, il governo delle istituzioni caritative, spesso guidate da
confraternite devozionali. Il Quattrocento segnò una generale riorganizzazione
dei servizi assistenziali anche a Vicenza47.
Alla fine del XV secolo il sistema ospedaliero urbano si discostava da quello
medievale per almeno tre diversi aspetti. In primo luogo, nel 1412 fu istituito
l’ospedale dei Proti, un ente dotato di considerevoli capacità finanziarie e in
grado di incidere significativamente nell’offerta di servizi assistenziali alla
città, in particolare garantendo cure mediche specializzate, fino ad allora
inesistenti nel panorama ospedaliero vicentino. In secondo luogo, verso la metà
del secolo l’ospedale di San Marcello cominciò a specializzarsi nell’assistenza
all’infanzia abbandonata, diventando così il primo brefotrofio di Vicenza. Infine,
negli anni Sessanta entrò in funzione un lazzaretto, cioè una struttura
riservata esclusivamente ai malati infettivi e probabilmente operativa solo durante
le crisi epidemiche. In questo secolo la città aveva così avviato due processi
tipici delle riforme ospedaliere quattrocentesche condivise con altri centri
dell’Italia centro-settentrionale: un più accentuato livello di
medicalizzazione dei servizi ospedalieri e la specializzazione di alcuni enti
assistenziali. In questo modo il sistema ospedaliero urbano adottò un modello
simile a quello di Padova o Firenze, allontanandosi dalle forme tradizionali
dell’assistenza medievale. Prima del XV secolo, infatti, non risulta che gli
ospizi urbani si avvalessero della collaborazione continuativa di personale medico
e che operassero enti specializzati nella cura di particolari categorie di
bisognosi, tranne nel caso del lebbrosario di San Lazzaro.
Nel
corso del Quattrocento gli ospedali di Vicenza riuscirono a incrementare in
maniera considerevole le risorse finanziarie destinate a sovvenzionare i loro
servizi, e alla fine del secolo erano certamente in grado di soccorrere un
numero di bisognosi superiore rispetto al periodo precedente, ma anche di
offrire un’assistenza più qualificata. La crescita degli introiti incassati
dagli ospedali era la conseguenza del costante ampliamento dei patrimoni
fondiari e immobiliari, grazie al flusso incessante di lasciti testamentari e
donazioni, così come di efficienti gestioni amministrative, in grado di
accantonare capitali da investire nell’acquisto di case e poderi che
assicurassero nuove rendite. Questi aspetti gestionali, poi, vanno certamente
ricondotti all’assunzione di personale specializzato e di pratiche
amministrative mutuate dagli ambienti mercantili, ben rappresentati all’interno
degli organi di governo dei luoghi pii vicentini. Non ultimo, va considerato
anche il trend demografico
crescente che caratterizzò Vicenza e il Vicentino dopo le ricorrenti crisi
epidemiche della prima metà del secolo, con inevitabili ripercussioni
sull’economia locale e, per quanto concerne gli ospedali, con nuove opportunità
di sfruttare pienamente i patrimoni fondiari, locando case e terreni che in
anni di spopolamento e di conflitti bellici (attività, anche economica per
certi versi, che mai veniva a mancare) rimanevano sfitti.
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