LA STANZA DA LETTO E IL DORMIRE NEL XV SECOLO
Testo di Claudio Barbaglio, tutti i diritti riservati
Alzino la mano quanti noi non hanno mai pensato, all’atto dell’alzarsi la mattina, “quanto resterei a letto tutto il giorno?” Ebbene, questo pensiero antico quanto il mondo, in tutto il corso del XV secolo era spesso realtà, nel senso che, nella quotidianità, la camera da letto era ritenuta il luogo ideale per trascorrere la giornata, ricevere ospiti, camera di studio, alle volte persino tribunale o per trascorrere liete ore di intimità fino a quando, la notte, accoglieva, tra le braccia di Morfeo, i nostri antenati.
Naturalmente commetteremmo peccato storico se allargassimo a tutta la
società medievale questo concetto, un onore riservato, in realtà, a quei pochi
fortunati che potevano vantare una vita di agio, svolgere mansioni che non
richiedevano manualità di sorta e che, ricevendo in casa, prediligeva quella
stanza tra le più confortevoli per necessità: per sopperire ai lunghi e gelidi
notturni inverni, le camere da letto erano tra le stanze più confortevoli,
calde e, spesso, più curate, e quindi più presentabili.
La notte, poi, si dormiva rigorosamente nudi per dare meno spazio
possibile ad amici indesiderati, quali pulci, zecche e altri insettini, di
infilarsi tra le pieghe dei vestiti e di disturbare il sonno ristoratore delle
fatiche della giornata; nudi dal collo in giù, ma col capo rigorosamente
coperto essendo l’unica parte del corpo esposta al gelo della stanza.
Scriveva un ignoto autore francese di fine XIV, in un trattato di
economia domestica, rivolgendosi alla giovane moglie: “poi lo fa mangiar bene e bere meglio, servito e riverito, finché è a
letto con lui fra le lenzuola candide con un berretto bianco, [e] ben coperto
da buone pellicce.
Il testo è una raccolta di consigli rivolti a una giovane donna, neo
sposina, sulla cura della casa e sulle accortezze da riservare al più anziano
marito; ed è soprattutto interessante notare come l’aspetto dell’igiene venga
ben sottolineato: “lenzuola candide”, un tema, quello della pulizia che forse
ai più può sorprendere, essendo che, molto spesso, il medioevo è sinonimo di
trascuratezza e, spesso, di scarsa cura della persona.
Certo, forse tanta cura non veniva riservata nelle stanze delle locande
che spuntavano come funghi lungo i percorsi dei più importanti pellegrinaggi:
nelle affollate stanze erano presenti letti a piazza grande, che spesso ospitavano
anche fino a sei viandanti.
Ma se l’idea potrebbe farci rabbrividire, dovete comunque pensare che
chi, all’epoca, compiva viaggi spirituali spesso scampava dalla forca in cerca
di una salvezza non solo ultraterrena, commutando la pena di un reato, più o
meno grave, con il pellegrinaggio; una regola talvolta non scritta, ma
abbondantemente praticata.
E mentre i due sposini nell’immagine, la cui donna è in fase di concepimento,
se stanno sdraiati in un letto a baldacchino, su una struttura sorretta,
probabilmente, da rigide, ma confortevoli, assi di legno trasversali, molti
meno abbienti spesso si contentavano di letti i cui materassi, sovente riempiti
di paglia, appoggiavano su corde poste in tensione da tiranti sui lati del
letto.
Non era nemmeno raro vedere letti composti da più materassi posti uno
sopra l’altro: per sopperire al freddo scaturito dal mancato isolamento dal
pavimento, o alla durezza di un singolo, talvolta si ricorreva a stratagemmi
all’apparenza un po’ casalinghi. Funzionava? Chi lo può dire, ma soprattutto
sarà da queste esperienze che è nata la famosa favola della principessa sul
pisello?
Bibliografia: Vivere nel medioevo – Chiara Frugoni – Ed. Il Mulino
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