Staga adunque attento de non spender dinari in stampe


Testo di Gabriele Omodeo Vanone. Tutti i diritti riservati
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 Quest’anno, il 2021, cade il milleseicentesimo anniversario (simbolico) della fondazione della città di Venezia. La città, che probabilmente ha origini più antiche, ha ormai tradizionalmente fermato la data della sua fondazione al 25 marzo 421, nel V secolo.

 Venezia è una città importante nella vita di Bartolomeo Colleoni, e come tale uno degli argomenti di studio della nostra associazione. In questo numero vogliamo riprendere un nostro intervento passato sull’importanza della scrittura, parlando del libro stampato.

 La scrittura è una tecnologia fondamentale nella storia dell’uomo, poiché ci permette di tramandare efficacemente un certo tipo di informazione, propagandola nel futuro. Riguardo il XV secolo, la stragrande maggioranza delle fonti scritte primarie sono vergate a mano, così come si è fatto sin dal 3000 a.C.. Secolo di innovazioni, tuttavia, il Quattrocento vede l’invenzione e la diffusione della stampa a caratteri mobili.

 L’inventore celebrato della stampa a caratteri mobili è Johannes Gutenberg, che nella metà del Quattrocento la introduce in Europa, quasi mezzo millennio più tardi che in Asia. La stampa a caratteri mobili ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’informazione: se prima la produzione di opere letterarie di un certo volume era privilegio di pochi organizzazioni in grado di mantenere scrittori e copisti, ora l’innovazione consentiva a chiunque in grado di ordinare i simboli corretti nell’ordine corretto in un modello di produrre copie e copie di uno stesso volume.

 In Venezia, la stampa comincia a diffondersi verso gli anni ‘70 del Quattrocento, con diverse botteghe di stampatori e rilegatori. I volumi più richiesti? Le traduzioni in volgare della Bibbia, e le traduzioni in volgare dei grandi classici latini e greci del passato. Ricordiamoci che durante l’autunno del medioevo, l’interesse verso il mondo classico era ai suoi massimi.

 Se, da una parte, vi erano evidentemente molti compratori interessati a questo genere di testi, dall’altra troviamo numerosi oppositori. Tra questi il portavoce Filippo da Strada, frate domenicano, prolifico nella sua diffusione di tesi contro l’uso della stampa a caratteri mobili - e autore del monito che fa da titolo a questo pezzo.

 Le tesi degli oppositori erano le più disparate: la traduzione in volgare, a lor detta dannosa poiché nella fretta di imprimere copie si correva il rischio di pubblicare errori e distorcere gli insegnamenti - sacri o profani - del passato; ancora peggio: la disponibilità di volumi in volgare consentita dalla stampa, che rendeva accessibili ai molti certe filosofie antiche ritenute disdicevoli o inappropriate; l’uso di copertine così ricercate, che doveva essere interpretato come un tentativo di mascherare un brutto prodotto dietro una buona confezione, come diremmo oggi.

 Quali che fossero le tesi, i motivi di tanta opposizione vanno ricercati altrove: il rischio concreto di perdere il potere detenuto grazie all’inaccessibilità delle informazioni, trascritte in latino e volgarizzate solo oralmente, o l’impossibilità di mantenere all’opera i copisti contro una concorrenza che aveva un volume di fuoco inarrivabile. L’evoluzione del testo stampato mostra come almeno quest’ultima paura non fosse infondata. Dai testi di sei secoli fa, riccamente decorati, abbelliti ed illustrati, eccoci oggi a stampare lunghe file di caratteri spesso brutalmente prive di abbellimenti o figure.

 La stampa a caratteri mobili non è stata la sola invenzione ad essere fortemente osteggiata, ed è solo uno dei tanti esempi del detto “non si può fermare il progresso”. Ironicamente, conosciamo tutto questo anche grazie a quel progresso inarrestabile. Altri esempi famosi? La balestra, e la forchetta - anche se in periodi distanti tra loro.

 Per chi volesse approfondire con una lettura leggera questa storia, consiglio Stampa meretrix, a cura di Franco Pierno, Marsilio Editori, 2011.

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