Testo di Gabriele Omodeo Vanone. Tutti i diritti riservati
1496.gabrieleomodeo.it
Quest’anno, il 2021, cade il milleseicentesimo anniversario
(simbolico) della fondazione della città di Venezia. La città, che
probabilmente ha origini più antiche, ha ormai tradizionalmente fermato la data
della sua fondazione al 25 marzo 421, nel V secolo.
Venezia è una città importante nella vita di Bartolomeo
Colleoni, e come tale uno degli argomenti di studio della nostra associazione.
In questo numero vogliamo riprendere un nostro intervento passato
sull’importanza della scrittura, parlando del libro stampato.
La scrittura è una tecnologia fondamentale nella storia
dell’uomo, poiché ci permette di tramandare efficacemente un certo tipo di
informazione, propagandola nel futuro. Riguardo il XV secolo, la stragrande
maggioranza delle fonti scritte primarie sono vergate a mano, così come si è
fatto sin dal 3000 a.C.. Secolo di innovazioni, tuttavia, il Quattrocento vede
l’invenzione e la diffusione della stampa a caratteri mobili.
L’inventore celebrato della stampa a caratteri mobili è
Johannes Gutenberg, che nella metà del Quattrocento la introduce in Europa,
quasi mezzo millennio più tardi che in Asia. La stampa a caratteri mobili ha
rappresentato una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’informazione: se
prima la produzione di opere letterarie di un certo volume era privilegio di
pochi organizzazioni in grado di mantenere scrittori e copisti, ora
l’innovazione consentiva a chiunque in grado di ordinare i simboli corretti
nell’ordine corretto in un modello di produrre copie e copie di uno stesso
volume.
In Venezia, la stampa comincia a diffondersi verso gli anni
‘70 del Quattrocento, con diverse botteghe di stampatori e rilegatori. I volumi
più richiesti? Le traduzioni in volgare della Bibbia, e le traduzioni in
volgare dei grandi classici latini e greci del passato. Ricordiamoci che
durante l’autunno del medioevo, l’interesse verso il mondo classico era ai suoi
massimi.
Se, da una parte, vi erano evidentemente molti compratori
interessati a questo genere di testi, dall’altra troviamo numerosi oppositori.
Tra questi il portavoce Filippo da Strada, frate domenicano, prolifico nella
sua diffusione di tesi contro l’uso della stampa a caratteri mobili - e autore
del monito che fa da titolo a questo pezzo.
Le tesi degli oppositori erano le più disparate: la
traduzione in volgare, a lor detta dannosa poiché nella fretta di imprimere
copie si correva il rischio di pubblicare errori e distorcere gli insegnamenti
- sacri o profani - del passato; ancora peggio: la disponibilità di volumi in
volgare consentita dalla stampa, che rendeva accessibili ai molti certe
filosofie antiche ritenute disdicevoli o inappropriate; l’uso di copertine così
ricercate, che doveva essere interpretato come un tentativo di mascherare un
brutto prodotto dietro una buona confezione, come diremmo oggi.
Quali che fossero le tesi, i motivi di tanta opposizione
vanno ricercati altrove: il rischio concreto di perdere il potere detenuto
grazie all’inaccessibilità delle informazioni, trascritte in latino e
volgarizzate solo oralmente, o l’impossibilità di mantenere all’opera i copisti
contro una concorrenza che aveva un volume di fuoco inarrivabile. L’evoluzione
del testo stampato mostra come almeno quest’ultima paura non fosse infondata.
Dai testi di sei secoli fa, riccamente decorati, abbelliti ed illustrati,
eccoci oggi a stampare lunghe file di caratteri spesso brutalmente prive di
abbellimenti o figure.
La stampa a caratteri mobili non è stata la sola invenzione
ad essere fortemente osteggiata, ed è solo uno dei tanti esempi del detto “non
si può fermare il progresso”. Ironicamente, conosciamo tutto questo anche
grazie a quel progresso inarrestabile. Altri esempi famosi? La balestra, e la
forchetta - anche se in periodi distanti tra loro.
Per chi volesse approfondire con una lettura leggera questa
storia, consiglio Stampa meretrix, a
cura di Franco Pierno, Marsilio Editori, 2011.
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