Un "amore" regale


Testo di Alberto Carminati, tutti i diritti riservati
Agli inizi della sua carriera nel mondo dei soldati di ventura, Bartolomeo Colleoni giunse alla corte di Giovanna II d’Angiò regina di Napoli. Al seguito di Jacopo Caldora, condottiero di grande fama e uno dei suoi mentori, il neanche trentenne Bartolomeo si mise al servizio della regina durante gli scontri contro l’esercito che Papa Martino V aveva lanciato contro i possedimenti della regina.

Giovanna non era certo una donna di particolare acume strategico, basti pensare che il suo principale alleato nella guerra in corso fu Ferdinando d’Aragona, il cui appoggio fu ottenuto con la promessa nientemeno che della successione al trono di Napoli. Ed infatti la regina non passera agli annali tanto per la sua politica quanto per la sua assidua pratica nelle arti amatorie. Molti furono i soprannomi che le furono affibbiati nel corso dei secoli: Giovanna la dissoluta, la cacciatrice di uomini, la folle.

È quindi facile da immaginare con quanta rapidità Bartolomeo Colleoni, giovane e prestante, alto e forzuto, con lo sguardo duro e l’espressione guerriera che ci hanno riportato i suoi biografi, abbia potuto entrare nelle grazie della regina. La loro storia di passione ebbe durata piuttosto breve, un po’ come quelle di tutti gli amanti di Giovanna, ma i biografi colleoneschi lasciano intendere una certa predilezione dei confronti di Bartolomeo. E di certo il Colleoni non avrà opposto resistenze al corteggiamento della regina: come ben sappiamo infatti non perse la passione per il gentil sesso nemmeno con la maturità, crescendo assieme alle sue figlie legittime anche quelle nate al di fuori del matrimonio.

Sarà stato il fascino orobico o quello del rude guerriero, fatto sta che prima di lasciare la corte per proseguire la sua carriera e diventare il più emblematico tra i condottieri d’Italia del XV secolo, Giovanna d’Angiò volle lasciare un segno, come una sorta di ringraziamento o riconoscimento. Fu infatti la regina a fargli dono del simbolo araldico rappresentante le due teste di leone con le fauci spalancate ed unite da due bande d’argento. Questa impresa araldica, personalmente legata a Bartolomeo Colleoni, potrebbe quindi maliziosamente essere intesa come premio per il buon servizio del bergamasco sui campi di battaglia…e altrove!
 
 

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