Beneficenza ed elemosina nel Rinascimento

Testo di Claudio Barbaglio, ogni diritto riservato

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”, si legge nel testo del vangelo secondo Matteo, un invito ad assistere il prossimo, con cura e attenzione soprattutto verso chi più bisognoso; e come veniva affrontato il tema della solidarietà nel XV secolo?  Un mendicante chiede un obolo all’entrata di una chiesa al termine della funzione, mentre un orfano seduto al margine della strada osserva l’ennesimo pellegrino diretto in terra santa bussare all’uscio della casa di un ricco mercante per chiedere ospitalità;  con facilità la otterrà, magari con in cambio la promessa di una preghiera una volta giunto a destinazione. Nel contempo un malato di peste, emarginato dalla società, barcolla tra la folla attraversando la strada.

Uno scenario tipico in una qualunque città nel XV secolo, in un periodo storico tutt’altro che distante dalle necessità dei più deboli, con strutture e servizi dedicati alla cura e all’assistenza, costituiti attraverso fondi privati e pubblici.

Un esempio tra tutti è rappresentato dall’ospedale magnum o Ca’ Granda, una struttura sanitaria pubblica fondata nella seconda metà del ‘400, in Milano, aperta per far fronte alla necessità di cure anche per i meno abbienti. Al pari in ogni città, si osservava il proliferare dei “lazzaretti”, ovvero di strutture adibite alla cura e alla prevenzione dei malati di peste, così come lungo i percorsi dei più importanti luoghi di fede, il nascere di alloggi e ricoveri, talvolta quasi gratuiti, riservati all’ospitalità dei pellegrini.  Ma non solo le istituzioni pubbliche, spesso anche piccole strutture religiose locali, così come i privati cittadini, si prodigavano in attività caritatevoli, attraverso l’assistenza domiciliare ai malati, ai condannati a morte nelle carceri e nella cura degli orfanelli.

Il condottiero Bartolomeo Colleoni, indiscutibilmente più conosciuto per le sue imprese militari che per le sue attività in ambito civile, nell’arco della sua vita si prodigò attivamente verso il prossimo attraverso donazioni private e la costruzioni di diverse chiese nei luoghi a lui cari. In un lascito testamentario, il condottiero, lasciò per iscritto che parte dei suoi beni sarebbero stati donati ad una fondazione “Il Luogo Pio della Pietà” (presente ancora oggi in città alta a Bergamo) con lo scopo, un tempo, di fornire dote a fanciulle povere e legittimate nate in territorio bergamasco. Oggi la struttura ospita una sede culturale in suo nome e ricordo

Bibliografia:
- La Lombardia delle Signorie, ed. Electa 1986;
- Vita quotidiana nell'Italia del '400, ed. Marvia;
- Storia di Bergamo e dei bergamaschi, ed. Bolis, 1989.
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