LA NASCITA DELLA CONTABILITÀ NEL MEDIOEVO – IL METODO ALLA “VENEZIANA”

  Testo di Claudio Barbaglio, tutti i diritti riservati



È ormai uso comune chiamare quegli lunghi anni che intercorrono  dal 476 dc all’ottobre 1492 con medioevo, o “secolo bui”, termini che nella realtà non rendono merito a dei secoli in cui l’umanità ha prodotto grandi opere artistiche, letterarie come la Divina Commedia o il Canzoniere di Petrarca, pittoriche quali i cicli sacri di Giotto, scultoree come le opere di Donatello (vero nome Donato di Niccolò di Betto), nonché invenzioni di cui oggi non potremmo farne a meno come bottoni o gli occhiali da vista, la stampa e, non da meno, l’invenzione della contabilità “moderna”.

Tra i più antichi documenti in partita doppia (metodo contabile attuale) giunti fino a noi, troviamo due mastri in pergamena scritti a Genova nel 1340, mentre il mastro più antico degli archivi Veneziani, il Mastro dei Soranzo, risulta del 1406, un’epoca considerata d’oro per la rinascita delle economie che, dopo un lungo periodo di chiusura delle città all’interno dei propri confini (periodo comunale), lasciò il posto all’era delle Signorie insieme alla nascita dell’idea di proprietà, e allo sviluppo del commercio; fenomeni storici che portarono alla necessità di pensare a nuovi sistemi per il mantenimento e la raccolta dei conti.

E se pur le città protagoniste di questi eventi furono, tra le altre, Venezia, Milano, Firenze, Genova, e il metodo di rilevazioni in partita doppia si diffuse in diverse realtà urbane, il nuovo sistema fu riconosciuto come “il metodo alla veneziana”, e qualificato come tale in diversi documenti di suddette città. Infatti, nella raccolta Strozziniana presso l’archivio storico di Firenze è visionabile un registro del 1382 dove, nella prima pagina, si legge: «Questo libro fu proprio di Folcho da Firenze […] in esso scriverò chi a me dovrà dare e a chi dovrà avere […] e lo scriverò alla veneziana, cioè in una pagina il dare e di rimpetto nell’altra l’avere

Gli stessi autori che per primi illustrarono la partita doppia, Benedetto Cotrugli, diplomatico ed economista, nel 1458, e Luca Pacioli, frate francescano, matematico e amico di Leonardo Da Vinci, nel 1494, indicarono la tenuta dei libri contabili ed il tipo di scritture come “alla maniera di Venezia”; in quanto i primi manoscritti sulla rilevazione in partita doppia si pubblicarono proprio a Venezia. Nella città lagunare, Pacioli completò i suoi studi di aritmetica e pubblicò il suo famoso Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità. Nel Tractatus XI - Distinctio IX, egli scrisse:

«[…] et servaremo in esso il modo di Vinegia a, quale certamente fra gli altri è molto da commendare et mediante quello in ogni altro si possa guidare […]».

Pacioli descrisse così le scritture in partita doppia riferendosi al modo veneziano, quello che egli riteneva il migliore tra tutti i diversi metodi che aveva incontrato nel suo percorso. Allo stesso modo Domenico Manzoni e Alvise Casanova si riferiscono al medesimo metodo scrivendo:

«[…] sarà la mia gioia maggiore sapere che quest’opera sarà piaciuta ai nobili, esperti e spigliati mercanti, non curandomi se qualche nazione, reputandosi più esperta nel conteggiare a voce, deturpa il bel compiuto ordine di tenere i Libri a nel modo di Venezia […] Perché esse non hanno la cognizione della teoria da noi studiosamente osservata. Perché non conoscono ciò che i più confessano, cioè che la nazione Veneta ha trovato il vero modo di tenere i Libri e procedere ordinariamente in ogni maneggio di conti».

 

Bibliografia

 

Storia della Ragioneria: il contesto veneziano ed il millenario distretto del vetro di Murano - Federico Fregonese 2016

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